Da lui e dalla Terra, alcuni Viticoltori Indipendenti di Bergamo, hanno tratto ispirazione per dare vita all'Associazione Sette Terre, un gruppo che si pone come obiettivo la valorizzazione e la promozione della produzione vitivinicola bergamasca nel segno di uno sviluppo ecocompatibile.
Cantine che condividono la ricerca della massima espressività dei vini e della loro identità territoriale partendo appunto dai profili dei suoli su cui radicano i rispettivi vigneti posti da un capo all'altro della zona collinare della bergamasca.
Affinché quest'unità d'intenti non rimanga sulla carta è stato sottoscritto uno statuto che contiene significativi parametri produttivi compreso un consistente taglio del carico d'uva per pianta. Il tutto per cercare con ogni mezzo l'obiettivo finale che, prendendo a prestito il messaggio del Maestro, per i vignaioli delle Sette Terre è "la qualità, la qualità, la qualità... all'infinito la qualità".
Fondata il 21 luglio 2013,
Sette Terreoggi ha le seguenti cantine associate:
Diario di cantina
Di seguito le tipologie conosciute:
Secondo la maggioranza rimane ad oggi la migliore soluzione per vini da invecchiamento in quanto la porosità di questo materiale naturale permette uno scambio minimo di ossigeno con l’esterno della bottiglia, si parla di micro ossigenazione; Inoltre una caratteristica unica come l’elasticità consente al sughero di adattarsi perfettamente al collo della bottiglia aderendo alle sue pareti e impedendo perfino all’aria di entrare. Anche la lunghezza può diventare rilevante se si parla di lungo affinamento, infatti, se su vino della gamma ‘classica’ troviamo misure comprese tra i 40 mm e i 45 mm le riserve più importanti adottano misure di 49/50 mm arrivando in rari casi anche a 55 mm (lunghezza massima), quindi sarà un ‘monopezzo di sughero naturale’. Questo perché nel corso del tempo il vino bagnerà il tappo e se arrivasse ad inzupparlo tutto avremmo problemi di muffa o peggiori, quindi più è lungo più sarà tenuto al sicuro e minore sarà lo scambio di ossigeno. Altra caratteristica importante di questa tipologia è l’azione antimicrobica svolta, escludendo l’infezione di organismi provenienti dall’esterno, attenzione però agli odori perché il sughero assorbe in questo caso tutto ciò che lo circonda.
Quali sono i limiti? Il costo e il dannato TCA (sentore di tappo). Nota del diario di cantina.
Lo stampo di polvere di sughero (99,9%) viene chiamato microgranina o Diam (marchio di una nota azienda produttrice), prodotto con i ritagli delle cartucce dei ‘monopezzo’. Mantiene, seppur con percentuali molto ridotte, l’elasticità tipica del sughero ma è caratterizzata da una consistenza superiore, riducendo quindi lo scambio di ossigeno con l’esterno portandolo quasi a 0, con il tempo però, a causa dell’usura meccanica per attrito e della minore elasticità la percentuale di ossidazione aumenta notevolmente. Ad oggi sono riuscito ad apprezzare diversi vini affinati qualche anno e chiusi con questi tappi, ma c’è un limite, difficile è stabilire dove di preciso.
Probabilmente è la chiusura migliore sui vini bianchi e rossi da consumare a breve termine ma in Italia soprattutto, dove questo mercato cresce ogni anno, si discute spesso sulle performances di questi tappi su vini più importanti. Nel primo anno di vita in bottiglia regalano un grado di ossidazione molto basso, quasi nullo, ma negli anni mantengono questa esposizione costante accumulando ossigeno. Esiste soltanto un modello completamente ermetico, chiamato Saran Tin, con il quale si andrà incontro ad un eventuale problema opposto ossia la riduzione del nostro vino.
In italia il tappo di vetro è una rarità e si ‘concentra’ per lo più nel meridione. Lo trovai per la prima volta su una bottiglia di furmint del produttore Szepsy (€ 25) rimanendo un po' sorpreso anche perché ne ignoravo l’esistenza. Nel nord Italia un produttore noto per l’utilizzo di questo sistema è Brezza in Piemonte. In soldoni è un tappo in vetro temperato a 500 gradi a forma di fungo dotato di un anello in materiale neutro (Elvax) senza pvc collocato tra il corpo e la testa del tappo che ne impedisce l’attrito con la bottiglia. La guarnizione entra in contatto con il vino solo per il 3% della superficie di apertura della bottiglia evitando il passaggio di ossigeno.
Per i winelovers più green esistono i tappi perfetti, il risultato di una linea di tappi ottenuta da materie prime sostenibili derivate dalla canna da zucchero. L’azienda di riferimento si chiama Nomacorc e promette risultati soddisfacenti, personalmente non ho ancora avuto l’opportunità di assaggiare un vino tappato in questa maniera e affinato diversi anni in bottiglia, quindi come dice il titolo di questo focus, valido tra l’altro anche per gli altri tipi di tappi, provare per credere!
Diario di cantina
La temperatura ideale è di 12-14 gradi. Niente danneggia il vino più degli sbalzi termici, quindi sono preferibili 8-10 gradi piuttosto di avere un gap dei 12 ai 20 gradi tra inverno ed estate. Sono condizioni comuni nelle ‘vecchie’ cantine scavate almeno tre metri sottoterra, ovviamente potremmo ricreare la temperatura ottimale tramite dei condizionatori ma i costi inizierebbero a salire.
Forse l’elemento più importante, può essere mantenuta a diverse percentuali a seconda del posizionamento della bottiglia. Bottiglia orizzontale: la maggior parte degli appassionati opta per questa soluzione affinché il vino rimanga sempre a contatto con il tappo mantenendolo umido, in questo caso l’umidità al 65%-80% è un buon parametro. Bottiglia verticale: l’umidità deve essere il più alta possibile per tenere umido il tappo, con il rischio della formazione di muffa e il conseguente deterioramento dell’etichetta e in alcuni casi anche del vino.
Alcuni tra i collezionisti più esigenti credono sia la miglior soluzione, dove il tappo è a contatto con il vino solo per metà così da bilanciare il livello di umidità rispetto all’esterno della bottiglia. In commercio non ho ancora trovato scaffalature in legno adatte a questo genere di attenzione quindi ne ho progettata una tutta mia.
Persino i rumori sono ostili al vino, ovviamente si può conversare se si scende in cantina, ma rumori forti e prolungati nel tempo lo danneggerebbero irreparabilmente. I rumori si intendono sotto forma di vibrazioni, infatti anche un lungo viaggio in auto destabilizzerebbe il vino, si consiglia dunque di lasciarlo ‘riposare’ qualche giorno prima di stapparlo. Se avete delle piccole finestrelle di fronte ad una strada trafficata è sufficiente munirsi di pannelli fonoisolanti in quantità, sembrerà di essere in una biblioteca.
Il vino ama riposare nel buio quindi in cantina adottare delle luci calde e soffuse evitando di puntare lampadine direttamente sulle bottiglie o potreste incappare nel cosiddetto ‘gusto luce’ percependo sentori di cavolo, lana bagnata, cipolla e aglio. Per questo motivo la maggior parte delle bottiglie in commercio sono di vetro scuro, in altri casi è trasparente, bello da vedere ma con alto tasso di esposizione, devono quindi essere protette con dei fogli anti UV.
Se la storia ci insegna qualcosa è sufficiente osservare qualche cantina dei nonni per notare la ‘bocca di lupo’, progettata per fare circolare l’aria dal basso verso l’alto e arieggiare i salami per evitare il crearsi di muffe. Nel nostro caso il protagonista è il vino ma il principio rimane lo stesso, chi non ha la testa fortuna del nonno si può accontentare di un ventilatore da accendere di tanto in tanto.
E’ doverosa una parentesi sui tappi per comprenderne meglio la funzione e l’importanza, vi invito quindi a leggere l’articolo dedicato.
Tra le domande più frequenti durante le visite a Caminella mi chiedono ‘quanto dura un vino’, a tal proposito siamo costretti a fare una distinzione tra potenzialità e durata massima. Prendiamo come esempio Luna Rossa o Luna Nera, in base alle degustazioni effettuate negli anni notiamo il picco evolutivo del vino tra i cinque e gli otto anni di affinamento in bottiglia eccezion fatta per alcune annate.
Nel caso in cui aspettassimo quindici anni prima di stappare lo stesso vino, risulterà comunque buona se conservata in condizioni ottimali, ma il vino non sarà più in grado di esprimere il proprio meglio.
Diario di cantina
Si trova principalmente nella buccia dell’uva, dona struttura al vino e viene percepito in bocca come astringente. Ne esistono di due tipologie, il tannino derivato dall’uva è il più selvaggio e si leviga con il tempo mentre il tannino apportato dall’affinamento del vino nelle botti è più “morbido” e dona complessità, se in quantità massiccia viene percepito e descritto con il termine ‘polveroso’. Alcuni vitigni si distinguono proprio per la spiccata presenza di tannini (quindi più durevoli), altri ne posseggono meno e di conseguenza ne derivano vini più piacevoli all’assaggio nel breve termine. Sono presenti anche in alcuni vini bianchi macerati a lungo sulle bucce, nello specifico quelli prodotti nella categoria degli ‘orange wine’.
E’ importante avere una buona gradazione alcolica, ovviamente dev’essere bilanciata da altre caratteristiche per non risultare dominante all’assaggio. Molte volte i passiti possono affinare più tempo in bottiglia proprio per la generosa quantità di alcol al proprio interno e anche parecchi vini bianchi importanti posseggono 14% vol di alcol o più.
Presente in quantità maggiore nei vini bianchi, l’acidità dona freschezza al vino aumentandone la beva ed è un altro elemento di fondamentale importanza per la conservazione a lungo termine. Un esempio famoso sono le birre a fermentazione spontanea, povere di alcol e prive di tannini ma estremamente ricche di acidità, durano tranquillamente 15-20 anni.
Definisce la corposità di un vino oppure come mi piace chiamarla la ‘ciccia’. C’è bisogno di molta esperienza per avvicinarsi all’esatta quantità di estratto secco in un vino, ma possiamo ipotizzarlo facendo riferimento alle altre informazioni e sensazioni disponibili. L’estratto secco in un vino importante è sempre alto.
Utilizzata in enologia per le sue proprietà antiossidanti, antisettiche e antibatteriche. Nella comunità europea i limiti massimi sono di 160 mg/l per i vini rossi e 210 mg/l per i bianchi. Senza entrare troppo nei tecnicismi possiamo dire abbia un’azione conservante, quindi se vogliamo conservare a lungo un vino può essere un elemento da tenere in condiderazione.
Diario di cantina
Io (Diego) e Davide in tutto segreto organizzammo una degustazione di Franconia in purezza per capire meglio di cosa si stesse parlando, perché di Pinot Nero o di tagli bordolesi qualcuno l’avevamo assaggiato ma quel Blaufrankisch (nome tedesco) non era così comune, seppure qualche collega in quel di Bergamo lo producesse.
C’era tutta la squadra (cinque persone) radunata in sala degustazioni insieme ad agronomo ed enologo, dopo un lavoro certosino di acquisto delle bottiglie eravamo riusciti ad avere ben 53 diverse bottiglie provenienti da Bergamo, Trentino, Friuli, Germania ma soprattutto da Austria per una degustazione a dir poco chiarificatrice. Fu una degustazione impegnativa, divisa in due parti tra mattina e pomeriggio e rigorosamente alla cieca (grazie a chi fece il servizio). Alla fine della giornata, quando venne il momento di confrontarsi per trarre delle conclusioni fu molto più chiara la strada da intraprendere, rimanendo entusiasti di alcuni vini assaggiati e molto meno di altri.
Subentrò anche il destino, perché quando nel 2018 acquistammo Podere Piazzolo in Scanzorosciate trovammo un piccolo appezzamento di Franconia che abbiamo tenuto per poter fare delle prove di vinificazione.
Ad oggi, oltre quel piccolo appezzamento, siamo riusciti ad allestire un impianto di 1 ettaro di Franconia, pronto per essere vinificato dal 2021.